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Il Telelavoro dal punto di vista giuridico
Le tutele sindacali e previdenziali del telelavoratore
Lo Statuto dei Lavoratori, nelle disposizioni finali, afferma che le norme di tutela in esso contenute sono applicabili alle imprese industriali e commerciali con un numero di dipendenti almeno pari a quindici. Il legislatore del 1970 aveva timore che le imprese reagissero all'introduzione dello statuto avviando un processo di decentramento produttivo che avrebbe portato alla creazione di tante unità con meno di quindici dipendenti ciascuna. Per questo motivo introdusse una disposizione finale al fine di imporre l'applicazione dello statuto anche a quelle sedi, stabilimenti, filiali, uffici o reparti autonomi con più di quindici dipendenti; ma si spinse oltre disponendo che lo statuto valesse anche per quelle imprese che nell'ambito dello stesso comune occupassero più di quindici dipendenti (anche sparsi tra più sedi).
La previsione del legislatore non è stata sufficiente a frenare il decentramento
delle imprese italiane. Questo fenomeno, negli ultimi venti anni, ha fatto registrare una cospicua crescita, superando i confini geografici del comune fino ad interessare gli ambiti della provincia e della regione (alimentando lo sviluppo dei distretti industriali italiani). Il telelavoro porta agli estremi limiti la tendenza al decentramento produttivo delle imprese e ripropone in termini amplificati il problema dell'applicazione dello statuto dei lavoratori a soggetti facenti parte della stessa impresa ma disgiunti fisicamente dalla sede centrale.
Poiché l'art. 35 dello Statuto dei Lavoratori fa riferimento a "ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio e reparto autonomo" non deve ritenersi come unità produttiva autonoma ogni luogo in cui il telelavoratore esegua la propria prestazione. Se così fosse lo Statuto dei Lavoratori si avvierebbe verso la completa inapplicabilità. Il luogo di telelavoro, stante il necessario collegamento con la sede dell'impresa, non rappresenta che solo una parte dell'intero ciclo produttivo di impresa e, perciò, non può essere considerato come sede o ufficio autonomo alla stregua dell'art. 35.
Il problema che si fatica di più a risolvere è quello relativo alle modalità di computo dei dipendenti dell'unità produttiva, visto che l'art. 35 non fissa alcun criterio per la sua determinazione. Il problema non è di poco conto se si considera che, la computabilità è condizione necessaria per applicare ai lavoratori le tutele sindacali. L'art. 1 della L. n. 108 del 1990 (Disciplina dei licenziamenti individuali) stabilisce che, ai fini dell'applicabilità della disciplina di tutela dei lavoratori, vanno computati i lavoratori subordinati, compresi quelli assunti con contratto di formazione lavoro, mentre non fa menzione dei lavoratori a domicilio. La questione non viene risolta neppure dai disegni di legge presentati in Parlamento. Il Dis. L. Cortiana (Sen. n. 2305) detta norme di tutela a favore di tutte le forme telelavoro subordinato e coordinato e continuativo ma non fa menzione dei telelavoratori a domicilio. L'assimilazione del lavoratore parasubordinato a quello subordinato rappresenta una novità. Alcuni sostengono che anche i lavoratori a domicilio vadano considerati nel computo dei lavoratori decentrati, visto che lo stesso disposto della L. n. 877/1973 (art. 1) li definisce lavoratori subordinati dipendenti dell'impresa committente, mentre altri interpretano il disposto della L. 108 considerando che la specialità del rapporto di lavoro a domicilio vale ad escludere la computabilità dei lavoratori decentrati. Non mancano soluzioni intermedie, come quella che fa riferimento ad una valutazione da effettuarsi caso per caso sulla base di un rapporto numerico fra lavoratori a domicilio e lavoratori interni all'impresa o quella secondo la quale la computabilità vi è solo in caso di committenza rilevante in termini quantitativi e di continuità.
Dal punto di vista delle tutele previdenziali, invece, non sorgono particolari problemi in relazione alla distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato perché queste tutele interessano sia i lavoratori subordinati e parasubordinati che i lavoratori autonomi. Con riferimento agli infortuni del telelavoratore a domicilio si può ipotizzare una certa difficoltà a distinguere tra infortuni sul lavoro ed infortuni domestici. In realtà la questione è più teorica che pratica, visto che fino ad oggi non ci sono stati contenziosi giudiziari riguardanti gli infortuni nell'ambito del telelavoro domiciliare. Le norme che disciplinano l'invalidità, la malattia, la maternità e la disoccupazione non presentano problemi interpretativi particolari se applicate al telelavoratore.
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