L'uomo primitivo ha lasciato un segno della sua presenza attraverso le impronte, strisciando le dita sull'argilla o tracciando il contorno della mano appoggiata sulla parete della caverna. Questi segni ancor oggi ci stupiscono, ma pensiamo alla meraviglia che l'uomo dovette provare di fronte all'attività che gli era permessa dalla sua stessa mano.
E’ la stessa meraviglia che prova il bambino quando, lasciando dei segni sul foglio, si accorge di esistere, di essere una cosa separata dal resto del mondo e testimonia la sua presenza, tangibile e concreta.
Alcuni artisti contemporanei (si pensi ai pittori "informali": Jackson Pollock, per esempio) mantengono un contatto specifico con questo tipo di gestualità che, nel percorrere una traccia apparentemente informe sul foglio, rivive il gesto primitivo legato alla possibilità di esprimere se stessi, di lasciare un'impronta.
I nostri figli, quindi, con lo scarabocchio celebrano l’origine della scrittura. Esso è un atto primitivo, ma carico di significato: è l'inizio dell'avventura, un momento della costruzione del linguaggio scritto che diventerà comunicazione. E come un "cordone ombelicale" simbolico che permette al fanciullo di sentirsi unito alla propria famiglia e nel contempo alla ricerca della propria graduale autonomia. La mano libera del bimbo, percorrendo il foglio in lungo e in largo, non scrive parole, ma lascia una traccia, un'espressione, la sensazione di esistere e una gran voglia di dirlo a tutti.