L’Organizzazione delle Nazioni Unite (O.N.U.) ha negli anni tutelato e garantito i diritti dell’infanzia.
Non è necessario solo lavorare per ridurre la mortalità infantile e fornire ai bambini dei Paesi in via di sviluppo condizioni materiali migliori, se poi non si garantisce loro un minimo di prospettive di sviluppo, di vita umana degna di essere vissuta.
L’art. 31 della Convenzione internazionale sui diritti dell’Infanzia approvato il 20 novembre 1989 dall’Assemblea Generale dell’O.N.U. ed entrato in vigore il 2 settembre 1990, esprime chiaramente queste valenze fondamentali del diritto al gioco.
ART. 31
Della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia
- Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo ed allo svago, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età, ed a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica.
- Gli Stati parti devono rispettare e promuovere il diritto del fanciullo a partecipare pienamente alla vita culturale ed artistica ed incoraggiano l’organizzazione di adeguate attività di natura ricreativa, artistica e culturale in condizioni di uguaglianza.
Dall’analisi di questo articolo risultano due aspetti fondamentali dal punto di vista educativo:
- relazione tra diritto allo studio e al gioco, considerati integrati e non contrapposti;
- maggiore importanza non solo all’alfabeto della parola parlata, ma anche alle attività corporee e manuali.
Nella scuola dell’infanzia ed anche nella scuola elementare il gioco, è accettato come elemento di socializzazione e di formazione, conferendo ad esso una funzione di valore e di utilità, mentre nella scuola media non esiste una teoria legata al gioco sia esso inteso come socializzazione sia esso inteso come apprendimento.
Nella maggior parte dei casi l’apprendimento viene concepito secondo criteri rigidi, che si richiamano ad un’idea di educazione - insegnamento, che mette sì al centro il ragazzo, ma solo come un ascoltatore passivo e non come un soggetto globale. Se si vorrà rispettare il concetto di globalità si dovrà gestire l’educazione, l’insegnamento, come organizzazione dell’apprendimento, cercando di sfruttare appieno la capacità formativa di un lavoro percepito come un gioco.